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STUDIO LEGALE BENETTI BATTE UN IMPORTANTE ISTITUTO DI CREDITO ITALIANO

By 9 Giugno 2020



Il Tribunale di Modena accoglie le deduzioni dell’Avv. Fabio Benetti contro un importante Istituto di Credito Italiano.

 

È una grande soddisfazione professionale leggere la sentenza n. 598/2020 con cui il Tribunale di Modena, accoglie pienamente le deduzioni dell’Avv. Fabio Benetti.

Si tratta di un processo civile in materia di azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., contro un importante Istituto di Credito Italiano, dove il Tribunale di Modena ha disatteso il recente “revirement” fatto dalla Cassazione con la sentenza n. 16623 del 20/06/2019.

 

La Cassazione aveva ritenuto “l’esercizio dell’azione di riduzione da parte dei creditori del legittimario pretermesso, anche in virtù dell’esigenza di contemperare la tutela dei creditori del legittimario (soprattutto nelle ipotesi di “pretermissione amica”) con il principio secondo cui nessuno può assumere la qualità di erede contro la propria volontà, se da una parte consente a detti creditori il recupero di quella pars bonorum sufficiente a soddisfare le proprie ragioni, dall’altro non determina in virtù del richiamato meccanismo previsto dall’art. 524 c.c. -della cui applicabilità, per effetto della forte analogia fra le situazioni sottese ad entrambe le fattispecie, si è già detto- l’acquisto della qualità di erede in capo al legittimario pretermesso”.

 

Di fatto il Tribunale ha contestato tale principio per le seguenti ragioni.

  1. Innanzitutto, tale orientamento non pare tener conto delle diversità tra il rimedio previsto dall’art. 524 c.c. e l’azione surrogatoria.

La dottrina prevalente e l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità evidenziano infatti che, seppure l’art. 524 c.c. presenti delle analogie rispetto all’azione surrogatoria e revocatoria, tale rimedio non può essere ricondotto a nessuna delle due fattispecie rappresentando invece un’azione autonoma (v. sent. 7735/2007, 17866/2003, 3585/1995; 310/1982; 2394/1974).

L’azione surrogatoria presuppone infatti l’inerzia del debitore, presupposto che non è richiesto dall’art. 524 c.c., che opera in caso di rinuncia.

Il rimedio previsto dall’art. 524 c.c. non fa rientrare i beni nel patrimonio del rinunciante, in quanto tale azione è finalizzata unicamente a consentire al creditore di soddisfare il suo diritto in sede esecutiva attraverso la successiva espropriazione dei beni ereditari. Una volta accolta la domanda, i creditori potranno aggredire i beni per soddisfarsi fino a concorrenza con i crediti vantati, con effetti analoghi a quelli previsti in caso di accoglimento dell’azione revocatoria.

Diversamente, l’azione surrogatoria produce effetti esclusivamente sul patrimonio del debitore non traendo il creditore surrogante in via immediata e diretta alcun risultato a sé utile, se non la conservazione o l’incremento della garanzia patrimoniale ex art. 2740: se perciò il bene acquisito mediante l’esperimento dell’azione surrogatoria viene espropriato, il creditore surrogante concorre con gli altri eventuali creditori senza godere di alcuna posizione preferenziale.

Non sembra pertanto, sotto il profilo dogmatico, che si possa sostenere che l’esercizio dell’azione di riduzione in via surrogatoria non faccia pervenire i beni oggetto di delazione nel patrimonio del chiamato in quanto gli effetti giuridici si realizzano invero nella sfera giuridica del debitore.

  1. Occorre inoltre considerare che “il creditore che agisce in surroga in luogo del proprio debitore, ai sensi dell’art. 2900 del c.c. (stante la funzione meramente conservativa dell’azione surrogatoria, volta a acquisire risultati utili al patrimonio del debitore inerte) esercita il medesimo diritto che sarebbe spettato a quest’ultimo, sicché il creditore, legittimato straordinario, agisce in nome proprio per il mero accertamento del diritto vantato dal debitore principale nei confronti del terzo, assumendo la veste di sostituto processuale del debitore surrogato e rimanendo, conseguentemente, soggetto a tutte le eccezioni – sostanziali e processuali – opponibili al debitore medesimo, nonché alla limitazioni dell’uso dei mezzi di prova che avrebbe incontrato il titolare del diritto ove fosse stato lui a promuovere il giudizio, senza peraltro cancellare la legittimazione ordinaria ad agire al debitore surrogato spettante in ordine al medesimo diritto oggetto del giudizio, giudizio che è pertanto, destinato a concludersi con una sentenza idonea a fare stato nei rapporti interni tra le parti, con efficacia preclusiva in ordine a eventuali, future controversie tra le medesime sullo stesso specifico oggetto” (Cassazione civile sez. VI, 26/03/2013, n.7648).

Se dunque il creditore esercita il medesimo diritto spettante al proprio debitore ne consegue che gli effetti dell’azione non possono divergere a seconda che quest’ultima sia esperita dall’uno o dall’altro.

Pertanto, posto che il legittimario totalmente pretermesso, con il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione acquista la qualità di erede, non pare predicabile l’esclusione di tale effetto nell’ipotesi in cui la domanda sia avanzata, in via surrogatoria, dal creditore; né si può ritenere che in tale ipotesi l’accoglimento dell’azione determini esclusivamente il recupero di “quella pars bonorum sufficiente a soddisfare le proprie ragioni”.

La diversità di effetti dell’azione, a seconda del soggetto che l’ha esercitata, non risulta coerente con l’inquadramento dell’azione surrogatoria nell’ambito della sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c..

  1. Tale soluzione non appare coerente, non solo sotto il profilo teorico, ma anche per le implicazioni pratiche che ne conseguono.

Infatti, a fronte dell’esercizio in via surrogatoria dell’azione di riduzione, il legittimario totalmente pretermesso non vedrebbe accresciuto il proprio patrimonio dell’intera quota lesa, trovando il creditore soddisfazione unicamente nei limiti del credito vantato, ma si vedrebbe altresì preclusa la possibilità di esercitare autonomamente l’azione di riduzione per la quota residua, al fine di incrementare il proprio patrimonio, stante l’efficacia preclusiva del giudicato allo stesso opponibile quale parte sostanziale del rapporto e litisconsorte necessario.

  1. Inoltre, aderendo all’impostazione suggerita dalla Cassazione vi è il rischio di dar luogo ad un’ingiustificata disparità di trattamento sotto il profilo dei debiti ereditari. Infatti, escludendo l’acquisto della qualità di erede, si giungerebbe alla situazione in cui i debiti ereditari dovrebbero continuare a ripartirsi pro quota fra gli altri eventuali coeredi ai sensi dell’art. 752 c.c., senza che colui che risulta beneficiario della riduzione partecipi anche al passivo ereditario. L’ordinamento prevede invece che il legittimario assuma la qualità di erede non solo nei rapporti con l’erede istituito, ma anche con i creditori ereditari, verso i quali la responsabilità per i debiti si ripartisce nella proporzione delle rispettive quote, in conformità degli artt. 752 e 754 c.c..
  2. Infine, la soluzione cui giunge la Suprema Corte rischia di determinare una disparità di trattamento tra l’ipotesi in cui il legittimario totalmente pretermesso rimanga inerte e l’ipotesi in cui rinunci espressamente all’esercizio dell’azione di riduzione. Infatti, nella seconda ipotesi non risulterebbe comunque esperibile direttamente l’azione surrogatoria, non essendo ravvisabile una situazione di inerzia, se non previo esperimento dell’azione revocatoria, che è ritenuta tuttavia inammissibile dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. 4005/2013 cit.)
  3. In sostanza, la Suprema Corte riconosce che la tutela delle ragioni creditorie non possa comportare l’acquisto involontario della qualità di erede in capo al legittimario totalmente pretermesso ma anziché escludere l’esperibilità dell’azione surrogatoria, ne ammette l’applicabilità richiamando quad effectum l’art. 524 c.c., giungendo così a delineare un’azione “ibrida” che pone problematiche di ordine concettuale e pratico.

Considerate le obiezioni mosse alla ricostruzione fatta propria dalla Suprema Corte, dando continuità all’orientamento già espresso, il Tribunale ha ritenuto che si debba pertanto negare la stessa legittimazione dei creditori del legittimario totalmente pretermesso ad agire in riduzione in forza dell’art. 2900 c.c. rinvenendo invece nell’art. 524 c.c. una possibile forma di tutela, ed ha così riassunto gli strumenti di tutela dei creditori del legittimario:

– nell’ipotesi di legittimario istituito come erede ma in una quota inferiore alla legittima, qualora abbia accettato l’eredità, ma trascurato l’esercizio dell’azione di riduzione, sarà applicabile in via surrogatoria l’azione di riduzione. Essa assume, in tale caso, mera funzione integrativa che non potrà che portare effetti vantaggiosi per lo stesso e di riflesso per i suoi creditori;

– nell’ipotesi di legittimario totalmente pretermesso, qualora non sia ravvisabile una rinuncia all’azione riduzione, troverà applicazione in via analogica l’actio interrogatoria di cui all’art. 481 c.c con conseguente assegnazione di un termine per l’esperimento dell’azione di riduzione.

Qualora il legittimario, nel termine assegnato, eserciti l’azione i creditori si avvantaggeranno di quanto conseguito.

Nell’ipotesi di rinuncia espressa o di decorso del termine assegnato sarà applicabile in via analogica l’art. 524 c.c., il cui vittorioso esperimento permetterà di aggredire i beni sino all’ammontare della quota di riserva, nei limiti del credito vantato.