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La Corte costituzionale respinge le questioni di costituzionalità sollevate a carico del d.l. n. 109/2018 concernenti le attività di ricostruzione del ponte Morandi

By 5 Settembre 2020



Di Federico Nania

L’Osservatorio costituzionale è curato per Diritto24 dal Prof. Davide De Lungo e dall’Avv. Nicolle Purificati



Corte costituzionale, sentenza n. 168/2020


Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Presidente: Cartabia
Redattore: Barbera
Udienza pubblica: 8/07/2020
Decisione: 8/07/2020
Deposito: 27/07/2020




Oggetto
: Artt. 1, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 8 bis; 1 bis; 1 ter, comma 1 e 4 bis del decreto-legge 28/09/2018 n. 109 (“Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze”), convertito, con modificazioni, nella legge 16/11/2018 n. 130.



Le questioni: il Tribunale amministrativo regionale della Liguria con cinque ordinanze (51, 52, 53, 54 e 55/2020) sollevava, su istanza della società concessionaria Autostrade per l’Italia spa (ASPI) in sede di impugnativa dei relativi atti applicativi (a cominciare dalla nomina del Commissario straordinario), questioni di legittimità costituzionale in riferimento a diverse disposizioni del decreto-legge n. 109 del 2018, come convertito nella legge n. 130 del 2018, adottate al fine di regolare le attività di demolizione e ricostruzione conseguenti al crollo del viadotto del Polcevera (cosiddetto ponte Morandi).



Le questioni investivano in particolare le disposizioni del d.l. laddove assegnavano al Commissario straordinario i poteri necessari ad individuare le imprese alle quali affidare le attività di demolizione e ricostruzione del viadotto, stabilendo l’esclusione di ASPI o di altri soggetti o società da esse controllati o con essa collegati, e ponendo a carico della medesima ASPI i costi necessari per la ricostruzione dell’opera ed il ripristino del connesso sistema viario. Il TAR deduceva che tali disposizioni violassero una molteplicità di parametri costituzionali, e principalmente: gli artt. 3 e 97 Cost. sotto il profilo della irragionevolezza e del carattere sproporzionato della estromissione della concessionaria e delle società collegate dalle attività di ricostruzione; l’art. 41 Cost. sotto il profilo della violazione dei principi a tutela dell’iniziativa economica privata e della concorrenza tra imprese; gli artt. 24 e 111 Cost. sotto il profilo della lesione del diritto alla difesa ed al contraddittorio, stante anche la natura di legge-provvedimento della normativa censurata.


La decisione della Corte: la Corte costituzionale ha anzitutto dichiarato inammissibili alcune questioni sollevate dal giudice a quo sotto l’aspetto del difetto di motivazione sulla rilevanza. Più in particolare: a) la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 1 comma 7 del d.l. n. 109/201 per violazione degli artt. 3, 41 e 111 Cost. nella parte riguardante la estromissione dalla procedura negoziata di soggetti o imprese collegate ad ASPI; b) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 bis e 4 bis del d.l., relativi ai costi di acquisizione di altre aree limitrofe al viadotto, in riferimento all’art. 3 Cost. Mentre, sotto l’aspetto della non manifesta infondatezza, la Corte ha dichiarato inammissibili: a) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 comma 6, 1 bis e 4 bis del d.l., laddove obbligano la concessionaria ASPI a far fronte alle spese di ricostruzione e di ripristino del sistema viario nonché alle spese relative agli espropri necessari, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost.; b) le questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 1 comma 6, 1 bis e 4 bis del d.l., relative alle indennità spettanti ai proprietari dei beni espropriati o ceduti, per violazione degli artt. 3, 23 e 97 Cost.; a quest’ultimo proposito è da notare che la Corte con ordinanza 111 del 2020 ha dichiarato ammissibile, ai sensi delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale come modificate dalla delibera della stessa Corte del 8/01/2020, l’intervento in giudizio ad opponendum di proprietari di immobili interessati dal crollo del ponte e come tali destinatari dei corrispettivi previsti per la cessione delle unità immobiliari; c) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 ter del d.l., laddove si impone ad ASPI di rilasciare i tronchi autostradali necessari per i lavori di costruzione, con riferimento agli artt. 3, 23 e 97 Cost.
Le questioni di costituzionalità passate indenni al vaglio di ammissibilità, ed esaminate dalla Corte, sono state dichiarate infondate.
In via preliminare, la Corte ha ritenuto che, pur trattandosi di legge-provvedimento sottoposta ad uno scrutinio di costituzionalità stretto, ciò non significa che la sua legittimità debba essere valutata esclusivamente alla stregua della motivazione esplicitata dal legislatore; ben potendo la Corte “accertare in maniera stringente se siano identificabili interessi in grado di giustificare la legge anche in via interpretativa” in modo da identificare la sussistenza o meno di una “razionalità oggettiva della disposizione censurata” (punti 15.1 e 15.2 cons. dir.).
Muovendo da tali premesse, la Consulta ha ritenuto legittima la scelta operata dal decreto-legge di escludere ASPI dalle attività di ricostruzione del ponte sia attraverso la mancata attivazione della clausola della convenzione riguardante gli obblighi a riguardo del concessionario, sia attraverso l’esplicita preclusione nei confronti del Commissario straordinario ad avviare una negoziazione con ASPI per l’affidamento dei lavori.
Più dettagliatamente, con riferimento agli artt. 1 commi 3, 5, 7, 8 e 8 bis del d.l., la Corte ha evidenziato che l’esclusione di ASPI non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. In primo luogo, perché è stato ritenuto infondato l’argomento secondo cui ASPI potesse vantare, in forza della concessione, una prerogativa a suo favore concernente la ricostruzione del ponte, non essendo plausibile, a giudizio della Corte, che l’eventuale obbligo del concessionario possa convertirsi in impedimento all’esercizio della discrezionalità del legislatore provvedimentale in sede di perseguimento del migliore interesse pubblico. In secondo luogo, perché la scelta di escludere la predetta società dalla attività di ricostruzione è stata ritenuta dalla Corte “tutt’altro che irragionevole, incongrua o sproporzionata” dal momento che “il crollo del Ponte Morandi, causando ben 43 vittime, ha segnato profondamente la coscienza civile nella comunità, e ha aperto una ferita nel rapporto di fiducia che non può mancare tra i consociati e lo stesso apparato pubblico, cui è affidata la cura di beni primari tra i quali, in primo luogo, la salute e l’incolumità”: dal che la conseguenza della legittimità dell’esclusione del concessionario che “avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione dell’infrastruttura e prevenirne il disfacimento” (punto 19 cons. dir.). La sentenza in esame esclude altresì che si tratti di “sanzione” a carico di ASPI e di un prematuro giudizio sulla sua responsabilità, ritenendo l’anzidetta misura legislativa “una cautela per nulla irragionevole”, attesa l’esigenza di procedere alla ricostruzione del ponte senza affidarsi “a chi aveva la disponibilità del bene e non ha impedito il deterioramento della struttura e il conseguente crollo” (ibidem). La Corte ha dichiarato inoltre infondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti la sottrazione ad ASPI dei poteri di espropriazione delle aree interessate dai lavori (artt. 1 comma 5, 1 bis e 4 bis del d.l.) ancora in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto norme accessorie rispetto alla scelta legislativa di affidare ad altri operatori economici le opere necessarie.
Con ulteriore questione, i giudici remittenti dubitavano della costituzionalità della scelta del legislatore di escludere ASPI senza il previo esperimento di un procedimento amministrativo nel quale valutare, in contraddittorio con la concessionaria, l’opportunità di rivolgersi al mercato. Secondo la Consulta non sussiste violazione del principio di legalità di cui agli artt. 23 e 97 Cost., essendo legittimo che il legislatore possa regolare la materia in luogo dell’amministrazione ed essendo conseguentemente da escludere l’applicazione nella specie della legge n. 241/1990.
La Corte ha dichiarato altresì infondata la questione di legittimità costituzionale riguardante l’art. 1 comma 7 del d.l. in oggetto, ossia la scelta del legislatore di affidare al Commissario straordinario il compito di procedere all’affidamento dei lavori per mezzo di procedura negoziata senza previa pubblicazione (procedura disciplinata dall’art. 32 della direttiva 2014/24/UE e recepita nell’ordinamento nazionale dall’art. 63 del cod. contratti pubblici), ivi aggiungendo il divieto di rivolgersi alla concessionaria del tratto autostradale ASPI “anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio” (cfr. art. 1 comma 7 del d.l.). Secondo i giudici remittenti tale esclusione sarebbe risultata in contrasto con la libertà di iniziativa economica e con il principio della concorrenza di cui all’art. 41 Cost. e ai principi eurounitari. In senso contrario a tale assunto, il Giudice delle leggi ha fatto leva anche sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella quale viene affermato il principio per cui un operatore economico può essere escluso dalla gara in presenza di violazioni tali da configurare un illecito professionale o un grave inadempimento, anche nel caso in cui ciò non sia stato definitivamente accertato nel corso di un giudizio, ma sussistano comunque elementi tali da inficiare il rapporto di fiducia tra la stazione appaltante e l’operatore economico.
Il che, come si legge in motivazione, si verifica nel caso di specie, sicché, stante il “grave e ragionevole deficit di fiducia” venutosi a determinare nei confronti del concessionario, ne risulta costituzionalmente giustificata la prevalenza della scelta precauzionale operata dal legislatore provvedimentale rispetto al principio del favor partecipationis delle imprese alle gare pubbliche; e ciò anche alla luce delle conclusioni raggiunte dalla commissione ispettiva ministeriale le quali “contengono numerose e puntuali contestazioni a proposito delle carenze nelle valutazioni di sicurezza e nelle procedure di controllo della sicurezza strutturale delle opere” (punto 23.2 cons. dir.).
Ancora con riferimento al principio della concorrenza nel settore della gestione delle autostrade, la Corte, richiamando la delibera della Corte dei Conti del 2019, deduce che “ASPI è concessionaria di circa la metà della rete autostradale italiana da molti decenni, senza peraltro aver ottenuto tale qualità a seguito di una gara” e che il rapporto concessorio è stato prorogato fino al 31 dicembre 2038; viene aggiunto che risulta “straordinariamente onerosa per la parte pubblica” la decadenza o la revoca della concessione in considerazione del regime indennitario previsto nella concessione stessa. Per cui, secondo la Corte, l’esclusione prevista dalla legge non ha “conculcato la libertà di iniziativa economica di ASPI, ma piuttosto prevenuto un contrasto con l’utilità sociale, di cui all’art. 41 Cost., irrobustendo l’assetto concorrenziale con l’ingresso di altri operatori economici” (punto 24 cons. dir.). Sul punto il Giudice costituzionale opera anche un richiamo alla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 2019 che, nel ribadire la necessità che le regole sulla concorrenza trovino applicazione anche nel mercato delle concessioni autostradali (principio confermato dall’art. 178 del cod. contratti pubblici), ha condannato lo Stato italiano per la proroga di una concessione ottenuta senza l’espletamento di una gara pubblica.
Da ultimo, è stata dichiarata infondata la prospettata violazione degli artt. 24, 102, 103 e 111 Cost. ed in particolare del diritto di difesa a causa della esclusione di ASPI senza il previo accertamento giudiziale della sua responsabilità per il crollo del viadotto: sul punto la Corte ribadisce che la scelta operata dal legislatore risulta autonoma rispetto all’accertamento giudiziale di responsabilità del concessionario, rispondendo alla diversa finalità di regolare l’affidamento dei lavori di ricostruzione nel senso ritenuto dal legislatore più consono al perseguimento dell’interesse pubblico (punto 26 cons. dir.).



Esito: inammissibilità – infondatezza



Principali precedenti e riferimenti giurisprudenziali: Corte cost., sentt. nn. 134 del 2020; 66 del 2018; 182 del 2017; 64 del 2014; 137 del 2009; 379 del 2004; Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentt. 19 giugno 2019, in causa C-41/18, Meca, e 3 ottobre 2019, in causa C-267/18, D.A.C. SA.




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