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Presupposti impositivi del dell’imposta comunale di pubblicità, Nota a sentenza CTP Lombardia – Milano n. 813/2020

By 29 Luglio 2020




Avv. Davide Torcello, Dott.ssa Ida Salerno


La Commissione Tributaria Provinciale della Lombardia – Milano, sezione tredicesima, con la sentenza n. 813/2020 del 20 maggio 2020, è tornata a pronunciarsi sulla validità della tassazione, ai fini dell’I.C.P., delle insegne e dei pannelli.


Nel caso di specie, i primi Giudici milanesi hanno dovuto vagliare la legittimità di un avviso di accertamento emesso dal concessionario del servizio di liquidazione dell’imposta comunale di pubblicità per il Comune di Cormano; impugnato dalla società contribuente che eccepiva l’inesistenza del presupposto impositivo.


A dispetto dell’esiguità dell’importo allora controverso, la questione (sovente oggetto di lite innanzi il Giudice tributario) risulta di interesse; stante l’attualità del tema dibattuto.
Da quanto si apprende dalla lettura della sentenza in esame, la società ricorrente aveva evidenziato che l’atto impositivo si fondava sulla tassazione (ritenuta errata) di taluni cartelli che identificavano il luogo di esercizio dell’attività; aventi, tra l’altro, una misura inferiore a 5 mq (nello specifico, si trattava di insegne poste su di una cabina automatica per fotografie).


Pertanto, la contribuente chiedeva che venisse pronunciata la declaratoria di nullità e/o illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato; allorquando la società concessionaria, costituitasi, in veste di resistente domandava la conferma dell’avviso di accertamento oggetto di impugnazione.


La Commissione Tributaria giudicante, nel pronunciarsi sulla controversia investita ha ritenuto di dover accogliere le doglianze della ricorrente.


Partendo dal presupposto che “la tipologia di pubblicità identifica il luogo dell’attività e la ragione sociale della società”, i primi Giudici hanno statuito che “la suddetta insegna di esercizio non è tassabile ai sensi dell’art. 13 comma 4 bis del D. Lgs. n. 507/1993 in quanto identifica una unità operativa della società, soggetta al pagamento dell’imposta sull’utilizzo dello spazio pubblico, e la superficie dei pannelli “insegne” non supera i cinque metri quadrati “.


Pare a chi scrive, in verità, che la C.T.P. milanese intendesse forse richiamare il dettato (non dell’art. 13 c. 4 bis, rubricato “Pubblicità effettuata con veicoli“, bensì) dell’art. 17 del D. Lgs. n. 507/1993 (“Esenzioni dall’imposta“), c. 1-bis (“L’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati (…)“).


E’ opportuno rammentare, in proposito, che la giurisprudenza (Corte Suprema di Cassazione, sezione quinta, ordinanza n. 5337/2013; Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza n. 2780/2020), risulta ormai propensa a ritenere che debbano effettivamente essere considerati esenti da imposte le insegne delle attività commerciali e/o di produzione di beni e/o servizi, qualora esse siano contenute in una superficie complessiva inferiore ai 5mq (così come disposto ex art. 17, c. 1 bis, D. Lgs. 507/1993).


A tal proposito gli Ermellini, nella sentenza innanzi richiamata, avevano avuto modo di specificare come, in relazione alle insegne rientranti nelle misure prescritte ex lege, non fosse consentita la distinzione in relazione al concorso tra lo scopo “pubblicitario” dell’insegna e la funzione “direzionale” della medesima.


Ciò proprio perché ad una siffatta insegna (ove installata nella sede o nelle pertinenze accessorie dell’attività svolta, utilizzata per indirizzare la clientela e rientrante nei limiti delle dimensioni previste) risultava applicabile la previsione di cui all’art. 17, c. 1 bis, D. Lgs. 507/1993.


Interessante, ai fini che ci occupano, risulta anche la recente pronuncia del Consiglio di Stato menzionata nelle righe che precedono.


Detto organo giurisdizionale amministrativo era stato investito, nell’occasione, della controversia avente ad oggetto l’annullamento di una determinazione dirigenziale; per mezzo della quale l’Ente proprietario di un tratto stradale aveva negato alla Società richiedente l’autorizzazione all’installazione di un’insegna di esercizio da esporre sul predetto tratto, diffidandola contestualmente alla rimozione delle insegne già installate in quanto ritenute abusive.


Il Consiglio di Stato ha avuto modo di asserire che la giurisprudenza tributaria accede ad una configurazione “restrittiva” del concetto di insegna pubblicitaria; ovverosia tale da non permettere la distinzione tra concorso tra lo scopo “pubblicitario” dell’insegna e la funzione “direzionale” della medesima, così come già ricordato dall’ordinanza del Giudice di legittimità sopra citata.


Emerge dunque, in sede giudiziale, la propensione a ritenere che il messaggio pubblicitario possa concorrere ad integrare la funzione “direzionale” dell’insegna; fermo restando l’assoggettamento di quest’ultima all’imposta pubblicitaria solo in caso di superamento del limite di superficie previsto ex lege.




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